È stato pubblicato sulla rivista internazionale American Journal of Obstetrics and Gynecology, lo studio condotto dall’Unità di Ostetricia e Ginecologia del Policlinico Casilino diretta dal Prof. Valensise.
La ricerca ha coinvolto 182 donne in gravidanza, inviate presso l’ambulatorio di Ginecologia e Ostetricia del Policlinico Casilino per una sospetta restrizione della crescita fetale. Si tratta di una condizione patologica che può manifestarsi nella seconda metà della gravidanza e indica un rallentamento o un arresto del potenziale di crescita del feto. In genere, avviene a causa di un’insufficienza placentare, ovvero quando l’organo non riesce a garantire i corretti scambi tra mamma e bambino, compromettendo il passaggio di ossigeno e sostanze nutritive indispensabili per lo sviluppo del feto.
Misurando l’emodinamica materna, attraverso un dispositivo non invasivo (USCOM-1A), e analizzando il flusso sanguigno fetale e del sistema circolatorio con l’ecografia doppler (flussimetria), la ricerca ha dimostrato che la portata della vena ombelicale fetale è legata al profilo cardiaco materno.
In particolare, nei casi di restrizione della crescita fetale, un profilo emodinamico materno caratterizzato da un’elevata resistenza vascolare, bassa gittata cardiaca (volume di sangue pompato dal cuore in un minuto), ridotto inotropismo (forza di contrazione del cuore) e da circolazione ipodinamica, si associava a un ridotto flusso della vena ombelicale, ovvero a una minore perfusione e minor apporto di ossigeno e nutrienti al feto.
La funzione cardiaca materna ha, quindi, un ruolo chiave nel garantire un completo sviluppo e una corretta perfusione della placenta assicurando un adeguato apporto di nutrienti al feto.
La madre, la placenta e il feto devono essere quindi considerati come un’unica unità cuore-fetale-placentare. Un’alterazione dell’emodinamica materna ha effetti su quella fetale.
In alcuni casi, come dimostrato dai risultati scientifici di oltre 15 anni di studi, è possibile correggere le alterazioni emodinamiche materne, presenti nelle gravidanze con ritardo di crescita fetale, attraverso una terapia con nitroderivati (farmaci vasodilatatori). Con questa terapia le resistenze si riducono, la gittata cardiaca aumenta e, di conseguenza, aumenta la portata della vena ombelicale ripristinando un corretto afflusso di sangue al feto. Su questo aspetto l’Unità di Ostetricia e Ginecologia del Policlinico Casilino sta raccogliendo i dati per una pubblicazione futura.